Giovanni, parlaci un po’ di te e di cosa fai nella vita.
Ho 24 e vivo a Roma, attualmente studio all’università il corso magistrale di “Cooperazione Internazionale e Sviluppo”, dopo essermi già laureato alla triennale allo stesso corso. Inoltre, lavoro come operatore nel centro d’accoglienza “San Saba” gestito dal Centro Astalli.
Il Servizio Civile è un’occasione di crescita per i tutti i giovani fra i 18 e i 28 anni che scelgono volontariamente di dedicare un anno della loro vita a un’esperienza non solo civica e culturale, ma anche umana e professionale, all’insegna della responsabilità, della solidarietà, della partecipazione e della tutela dei diritti.
Che cosa ti ha spinto a intraprendere questo percorso?
Innanzitutto, ho scelto di fare il Servizio Civile per intraprendere un percorso parallelo allo studio universitario che mi permettesse di fare qualcosa di concreto e di avere un primo approccio con un mondo simile a quello lavorativo e professionale. La scelta è stata dettata, inoltre, dalla volontà di fare delle esperienze in un campo vicino ai miei interessi e al mio percorso di studi. Infatti, due anni fa, non appena vidi l’opportunità di svolgere il servizio nell’assistenza agli immigrati e dell’integrazione non ho avuto dubbi. È un ambito a cui mi sono voluto avvicinare per comprendere meglio determinate cose, e per mettermi a disposizione degli altri. Dunque, la scelta del servizio civile si fa anche per mettersi in gioco, per fare qualcosa per arricchirsi attraverso l’esperienza della solidarietà e della condivisione, per ampliare le proprie competenze dal punto di vista professionale e umano attraverso il rapporto con il prossimo.
Nel dicembre 2018 hai svolto il Servizio Civile presso il centro di accoglienza Fondazione Il Faro, gestito dal Centro Astalli. Ti va di raccontarci qualcosa in merito a questa esperienza e a cosa ti ha lasciato da un punto di vista personale e professionale? Sei libero di arricchire il tutto con qualche simpatico aneddoto ovviamente.
L’esperienza a Il Faro è stata sicuramente una grande opportunità di crescita. In particolare, mi ha permesso di capire qualcosa in più sulle realtà dei centri di accoglienza, il loro funzionamento, i problemi di chi ci vive dentro; in generale, mi ha dato una visione più approfondita riguardo alle diverse sfaccettature dell’integrazione e del complesso mondo dell’immigrazione. Mi ha permesso di confrontarmi con i vari disagi e con le necessità quotidiane dei beneficiari del progetto, di conoscere e capire le diverse culture e mi ha dato veramente l’opportunità di rendermi utile con chi più ne ha bisogno. Nello specifico, svolgevo attività di insegnante della lingua italiana, di accompagnatore nei servizi territoriali, e di attivatore di progetti di integrazione. Dal punto di vista professionale è stato particolarmente edificante: mi ha permesso di avere un primo approccio con il mondo lavorativo, di ampliare alcune competenze, come il lavoro di gruppo, e il bagaglio delle conoscenze grazie ai corsi di formazione svolti. Insomma, questa esperienza rappresenta una grande svolta, anche grazie al fatto che, finito il servizio civile, ho avuto l’opportunità di continuare a lavorare in questo contesto.
Tre motivi per i quali dei giovani ragazzi come te dovrebbero intraprendere il percorso del Servizio Civile.
Lo consiglio perché è veramente un’opportunità di crescita e maturazione, è un mettersi in gioco attraverso il confronto, la condivisione e l’impegno per gli altri.
Fare il servizio civile vuol dire promuovere la cittadinanza attiva, tutelare i diritti di tutti, dare il proprio contributo dal punto di vista sociale e civile, ed è un modo per sentirsi utili.
È un modo per avere un primo contatto con il mondo lavorativo, e per noi giovani in questo momento può essere un’occasione d’oro. Si accrescono le proprie competenze in un ambito che ciascuno sceglie personalmente. Può veramente rappresentare una svolta per il futuro.